Fra i docenti del mio percorso universitario ho avuto l’onore e la fortuna di avere il compianto Umberto Eco, in qualità di titolare dell’insegnamento di Semiotica del testo. L’ho visto solo un paio di volte (fortunatamente non all’esame) e lì per lì la sua materia non ha indotto in me grandi passioni: era l’ennesimo ostacolo di un percorso già irto di suo, visti i miei 40 anni e gli impegni lavorativi e famigliari con cui tentavo di far convivere gli studi.
Qualche anno fa, però, durante un trasloco mi è tornato fra le mani il suo testo e gli ho voluto dare una seconda possibilità, è stato un colpo di fulmine! È come se avessi indossato un paio di nuovi occhiali con cui cogliere ciò che era in grado di esprimere e che prima non avevo minimamente considerato. Tutte le letture conseguenti le ho affrontate con un gusto e un'attenzione diverse. |
Ho imparato ad apprezzare il suono dei vocaboli utilizzati, il ritmo dettato dalla punteggiatura, il percorso che l’autore mi stava conducendo a fare, un mondo da scoprire dietro ad ogni pagina. Con questa nuova ottica, uno dei testi che ho apprezzato di più è stato Moby Dick di Herman Melville, ne leggevo pochissime pagine per volta con il timore che finisse troppo in fretta!
Ho poi iniziato a traslare i principi semiotici interessandomi dei comportamenti e dei loro segni rilevanti e rivelanti, e anche qui si è aperto un mondo: quello della semiologia. Le neuroscienze oggi ci spiegano la natura e i processi del pensiero umano, le dinamiche che controlliamo e quelle che non possiamo controllare. Il neuromarketing poi rende disponibili questi saperi trasformandoli in strumenti ed azioni.
La lettura dei segni, però, non è una disciplina appannaggio solo dei letterati o degli osservatori dell’animo e del pensiero umano. Anche la medicina basa le sue fondamenta sulla conoscenza e l’interpretazione dei segni che l’organismo esprime - ogni medico ha dovuto affrontare le pagine e le insidie dell’esame di semeiotica.
Frequentando da molti anni il mondo odontoiatrico mi sento di affermare che la lettura dei segni espressi dal corpo umano sia sempre più limitata e circoscritta al cavo orale e l’attenzione ai segnali espressi dal comportamento del paziente non sia praticamente contemplata nelle diagnosi che quotidianamente vengono formulate.
Proviamo a distinguere però le due cose iniziando dal tema dei sintomi. Da anni si predica che la prevenzione sia la miglior cura che ognuno di noi possa adottare per i propri mali, salvo poi lasciare al libero arbitrio del paziente l’onere di porsi all’osservazione di uno specialista. Ognuno di noi se non è consapevole di avere un bisogno difficilmente lo affronterà e, in ambito odontoiatrico, questo vale per tutte quelle patologie che decorrono asintomatiche prima di manifestarsi: risultante inopinabile di questo fenomeno è che ogni anno il 60% degli italiani non si reca dal dentista.
E se oggi la tecnologia ci venisse incontro con degli strumenti che predicono l’insorgenza di queste malattie? E se l’approccio semiotico, ormai abbandonato nella quotidianità degli studi odontoiatrici, fosse supportato da una tecnologia che ne faciliti la fruizione sia ai pazienti che agli odontoiatri? Sarebbe un enorme passo avanti tecnologico ritornando però ai solidi principi maturati in anni di ricerca scientifica. Questo strumento fortunatamente esiste, ci abbiamo messo qualche anno e tanto lavoro, ma oggi c’è, si chiama Ciaodoc.
Purtroppo, però, la tecnologia non è ancora venuta in soccorso della lettura dei segni del comportamento, qui dobbiamo affidarci alla presenza della sana vecchia empatia, supportata magari da qualche lettura appropriata.
Già Karl Gustav Jung negli anni 40 decretava, ancora oggi in auge, che tutti noi ci dividiamo in dodici diversi archetipi e siamo così classificabili in base ad aspetti caratteristici del nostro comportamento.
Altre classificazioni dopo quella Junghiana si sono susseguite, ma non cambia il concetto: non siamo tutti uguali, ognuno di noi appartiene ad un gruppo ben definito che richiede una modalità di comportamento diversa da un altro gruppo. Nella fattispecie odontoiatrica, significa che se la stessa patologia può essere clinicamente trattata nella stessa maniera, la conduzione della relazione con il paziente potrebbe essere significativamente diversa l’uno dall’altro. Non temo di sbagliare affermando che, essendo il paziente a scegliere l’Odontoiatra e non viceversa, l’analisi del comportamento gioca un ruolo estremamente importante, se non decisivo. Ritengo doveroso quindi complementare la diagnosi clinica con una diagnosi del comportamento sociale del paziente - di questo ne parlerò in un prossimo numero.
Oggi che sto leggendo il “De orator” di Cicerone - consigliatomi peraltro da un amico medico - è come assistere all’esecuzione di una sinfonia dove tutto è perfettamente al suo posto, ogni strumento perfettamente accordato e virtuosamente impiegato, quasi ti aspetti la prossima nota che, peraltro, arriva sempre puntuale. Non avrei mai neppure immaginato di affrontare una lettura di questo tipo se oggi non indossassi gli occhiali che mi ha consigliato il mio vecchio insegnante di Semiologia del testo.
Quegli occhiali sono quelli dell’attenzione e sono disponibili per chiunque abbia voglia di guardare oltre il proprio campo visivo abituale. Oltre a donare il piacere di una nuova visione delle cose, rendono un servizio inestimabile ad ogni paziente. |
Ingrandimenti è una newsletter curata da Roberto Ferrari, che esplora da vicino - una domenica sì, e una no - i fenomeni che il settore odontoiatrico sta attraversando.
Un diario di appunti, riflessioni e punti di vista maturati in 35 anni di viaggio nel mondo odontoiatrico che mi hanno reso forse più esperto, sicuramente più saggio nell’affrontare gli eventi.
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